Cognizione di lotta
22 Ottobre 2008Cognizione di lotta
Una settimana fa, nella presentazione di questo numero, abbiamo scritto che è il lavoro cognitivo a mostrare la reazione più forte. Osservazione da confermare: se in tutta Italia, e in particolare a Roma con la grande manifestazione di Cub e Cobas, la risposta al grave piano di Tremonti e Gelmini contro la scuola pubblica si è mostrata vasta e talora imponente, anche la Sardegna esprime, sia nelle istituzioni sia negli atenei (si veda Cagliari) sia nella scuola dell’obbligo, una vasta reazione. Questo potenziale ci sembra poco valorizzato dalle lentezze dei sindacati confederali e della stessa CGIL. Lo sciopero del 30 ottobre è tardivo. Veltroni sulla scuola ha già detto ‘ma anche’, e lo ribadirà il 25.
Sabato scorso a Sassari, promossa dal Coordinamento dei genitori, vi è stata una grande manifestazione di oltre seimila persone, con vivace corteo di genitori, docenti, bambini e una combattiva delegazione di studenti universitari. Da molti anni non se ne vedeva uno del genere. Se la posizione del Comune di Sassari contro la riforma Gelmini, espressa dal sindaco Ganau, è apparsa rilevante, unica nota stonata il cappello di partiti e movimenti negli interventi finali dall’improvvisato palco in Piazza d’Italia (Guido Melis per il PD e ‘A manca pro s’indipendentzia’).
L’attacco ai diritti pubblici e comuni è talmente forte da far persino superare la consapevolezza che si rifiuta la scuola della Gelmini per difendere una scuola – pur immensamente superiore – non certo in buona salute e spesso difficilmente accettabile. La destra sta vincendo anche in questo campo su una sinistra in crisi di modelli, dalle costruzioni talora brillanti e generose ma non di rado pasticcione e poco limpide. Ma oggi è importante sostenere una scuola pubblica ancora accesso per tutti, integrazione magari malfatta ma senza classi differenziate, e pure questa Università pubblica dalle incredibili migliaia di insegnamenti e inossidabili baronie, pronte a nuove fondazioni, che non ci è così vicina. Che ha ancora spazi.
Ci auguriamo un movimento del lavoro cognitivo che non rinunci a lottare per una scuola non classista, meno cara e più qualificata. Temiamo un’azione repressiva, ma confidiamo molto sui segni di un nuovo impegno, permeato della tradizionale irriducibilità, che la Sardegna dell’interno, come di nuovo Mamoiada, saprà darci in difesa dei diritti di tutti.
E l’energia solare? (chisto è ‘o paese do mare)
L’occupazione della centrale termoelettrica di Fiumesanto, presso Porto Torres, da parte di Greenpeace mette nuovamente in evidenza il nervo scoperto di un’area tanto magnifica quanto maltrattata al centro del Golfo dell’Asinara: petrolchimico, le prime pale eoliche, l’orimulsion, il carbone e un referendum che disse a chiare lettere il suo no; poi le nubi oscure dei termovalorizzatori, rimandate al mittente regionale da una durissima presa di posizione della Provincia di Sassari. Greenpeace dice no al carbone e sì all’eolico, che in Sardegna non manca ma spesso è stato calato in maniera selvaggia, con severi impatti paesaggistici ed ambientali. Osservazioni maliziose sottolineano una certa vicinanza di Greenpeace con i produttori dell’eolico, e il fatto, se reale, pone problemi concreti e delicati di credibilità: anche se preferiamo una vicinanza a produttori di energia pulita piuttosto che a produttori inquinanti, sarebbe meglio che di vicinanze non ce ne fossero.
Ma la Sardegna ha soprattutto una risorsa più grande – e meno impattante nell’impiantistica – dell’eolico, quella solare. E siccome ci piace parlare di programmi politici ‘a sinistra’, perché non fare sul solare una fortissima scelta di investimenti? Non qualche pannellatura, ma un decisivo impegno che lo realizzi ovunque. Una grande e strategica opera pubblica. Sarebbe oltretutto una bella lezione al Governo italiano che si sta unendo miseramente, proprio in questi giorni, con le peggiore retroguardia europea e il capitalismo più retrivo e straccione. Compreso quello italiano e internazionale dei morti di Porto Marghera, Severo, Brindisi, dell’amianto, che vuole far dimenticare il proprio codice genetico ed i propri crimini.
Serve un programma politico regionale, italiano ed europeo in grado di lanciare un’idea entusiasmante e pulita che aiuti il pianeta e metta in difficoltà questa destra meschina, giuridicamente rozza tanto da essere inadempiente su quel trattato di Kyoto che il nostro paese ha già firmato.
Ricordando Vittorio Foa
Recentemente siamo stati a Carbonia con Gugliemo Ragozzino, invitati da un gruppo di giovani appartenenti all’Associazione ‘Zorba il gatto’, per discutere del Manifesto, delle sue difficoltà economiche e di come sostenerlo. Nel corso della discussione si è parlato, tra le altre cose, della involuzione che vive il nostro paese e della fatica che incontra la sinistra nel venir fuori da questa crisi, da molti ritenuta se non irreversibile certamente molto grave. Neanche a farlo apposta Ragozzino ha citato Vittorio Foa, ha ricordato i suoi suggerimenti, la strategia usata da lui nei periodi difficili. Ebbene, anche in questi frangenti, ricordava Ragozzino, Foa riusciva ad individuare una soluzione: non arrendersi, trovare con gli altri, soprattutto con i lavoratori, la forza e la determinazione per continuare la lotta e difendere i diritti di tutti, a partire dai più deboli. Ecco, questo è un insegnamento di Foa che non bisognerebbe sottovalutare perché c’è sempre una possibilità per venir fuori da una crisi, l’importante è non attardarsi con le recriminazioni ma reagire. Ma questo non è il solo aspetto che vogliamo ricordare. Importantissima la sua militanza politica e sindacale, prima in Giustizia e Libertà poi nelle file del movimento operaio, condotta sempre senza calcoli e caratterizzata da una disponibilità totale per la difesa degli interessi dei lavoratori. Significativa la sua scelta di abbandonare l’attività di parlamentare per dedicarsi interamente al lavoro sindacale, ritenuto troppo impegnativo per poter essere svolto in comunione con altri incarichi. Questa scelta segnò un passaggio decisivo nei comportamenti di altri sindacalisti: in pochi anni tutti l’accettarono e l’incompatibilità tra essere dirigente sindacale e parlamentare divenne regola generale. Vittorio Foa non aveva età, forse perché rivendicava il diritto di recuperare gli anni passati nelle carceri fasciste. Lo troviamo sempre impegnato e le sue relazioni con gli amici e i compagni non tenevano conto dei dati anagrafici dei suoi interlocutori. Un altro pezzo di storia del nostro paese mancherà e si avvertirà la sua assenza. Parleremo ancora e più diffusamente di Vittorio Foa nei prossimi numeri del quindicinale.