Tombe e cemento

1 Dicembre 2009

02tuvixeddu.jpg

Alfonso Stiglitz

“Se una città potesse gridare per il dolore, a Cagliari dovrebbero tenere le orecchie tappate”, questo è l’incipit di un lungo articolo che il 21 luglio scorso è apparso nell’importante giornale tedesco, la Süddeutschen Zeitung (www.sueddeutsche.de). L’articolo, dal significativo titolo “tombe e cemento” è uno dei testimoni dell’importanza che il caso Tuvixeddu-Tuvumannu ha assunto ormai al di là dei confini sardi. Un mese prima il Times di Londra aveva intitolato “meraviglia sarda sotto minaccia” ed è palpabile la sorpresa del corrispondente per quello che sta succedendo a Cagliari (www.timesonline.co.uk). E così altri giornali all’estero e in Italia da tempo si interrogano su questa nostra anomalia, vedi il recente articolo su Repubblica di Francesco Erbani (www.repubblica.it). È importante chiedersi perché un’area archeologica urbana, una delle tante che abbiamo, possa avere questa importanza e risonanza. Negli ultimi mesi abbiamo avuto l’interesse dell’Unione Europea su stimolo della Provincia di Cagliari e la visita di una delegazione del parlamento italiano composta dal deputato Fabio Granata (Pdl) membro della commissione Cultura della Camera, dal senatore Roberto Della Seta (Pd) della commissione permanente Beni ambientali e dal senatore Francesco Sanna, componente dell’Osservatorio parlamentare su Tuvixeddu. Attività parlamentare che ha portato alla redazione di un appello bipartisan, come si dice per usare un termine in voga che significa semplicemente che l’appartenenza partitica, quando c’è l’intelligenza politica, non fa da velo ai problemi. Un appello  che chiede un intervento urgente del ministro (www.lanuovaecologia.it). L’elenco potrebbe continuare con le iniziative della RAI nazionale, attraverso le trasmissioni Ambiente Italia e Leonardo andate in onda a novembre e con le innumerevoli iniziative che le associazioni ambientaliste, in primo luogo Legambiente, stanno portando avanti a cadenza mensile con ampia partecipazione di cittadini. Un semplice scorrere dei siti web delle varie associazioni permetterà di farsi un’idea chiara di quanto il tema sia oggetto di interesse. Dall’altra parte abbiamo le recenti iniziative di tutela di quel paesaggio industriale di Tuvixeddu-Tuvumannu, di cui poco si è parlato se non in modo dispregiativo. La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici ha inteso, finalmente, dare un segnale anche su questo fronte. Le cave, gli scavi industriali e le strutture non sono dei vuoti da riempire di cemento, tanto non c’è più niente, sono l’espressione di un paesaggio minerario ultramillenario, stratificato che a Tuvixeddu-Tuvumannu raggiunge uno degli esempi complessi, almeno da età punica se non anche prima. Anche in questo caso si è alzato immediatamente il fuoco di sbarramento. Perché parlare ancora di Tuvixeddu-Tuvumannu? Perché è uno scandalo ed è bene che degli scandali si parli. I palazzi di via Is Maglias salgono su, ormai, verso il cielo, a completare il cerchio di cemento che recinge la collina quasi del tutto; ancora pochi spazi vuoti, chissà per quanto, e il cerchio sarà chiuso. Allora potremo definire Tuvixeddu un giardino condominiale, definitivamente separato da Tuvumannu, patetico sfogo verde per le centinaia e centinaia di nuove macchine che si riverseranno quotidianamente. Sull’altro lato il gigantesco edificio di Santa Gilla, ormai alle ultime battute, completa l’accerchiamento, un autentico mostro urbanistico che è visibile da qualunque parte di Tuvixeddu vi poniate e è che riuscito nell’impresa di spezzare lo skyline della città visibile per chi viene da occidente e descritto in modo incisivo da Claudio Claudiano 1600 anni fa, una città allungata sui colli. Oggi ai colli si aggiunge il monumento allo strapotere edilizio. Tuvixeddu è uno scandalo, che nasce in primo luogo dalla sostanziale e storica indifferenza, per non dire estraneità della città, in particolare della politica alla cultura, alla ricerca, al mantenimento della propria memoria storica. Cagliari ha la tendenza a nascondere le proprie aree archeologiche, quasi a vergognarsene, lo vediamo con l’altro scandalo, quello dell’anfiteatro, uno dei pochi al mondo scavato nella roccia e oggi sepolto da una legnaia, o le aree archeologiche sotto i palazzi, visibili a richiesta e, oggi Tuvixeddu, nascosto dalla linea continua dei palazzi. Uno scandalo che si è alimentato nella demagogica alternativa meglio i palazzi del degrado, salvo dimenticarsi che il degrado è reversibile i palazzi no e lo dimostrano l’ampia area archeologica ricca di tombe che esisteva dove oggi sorgono i palazzi in via S. Avendrace, realizzati nel pieno della vigenza delle leggi di tutela. Tuvixeddu-Tuvumannu è in sostanza una vasta area paesaggisticamente di notevole importanza caratterizzata dalle forme del paesaggio naturale, storico e minerario. Difendere la totalità del paesaggio e non solo alcuni pezzi, in parte distrutti e in parte sempre più smembrati dalle nuove imprese edilizie è l’unica strada proponibile. Riqualificare l’esistente, realizzare un Parco archeologico la cui estensione sia quella effettiva dell’area archeologica e non uno spazio ridotto, regalato per gentile concessione, e sia effettivamente progettato in funzione delle caratteristiche archeologiche dell’area e non un giardino con rovine archeologiche. Soprattutto significa tutelare gli spazi vuoti sia quelli dove è ragionevolmente alto il rischio di rinvenire nuove testimonianze archeologiche, penso al versante orientale di Tuvumannu e agli spazi davanti alla casa dello studente e all’esteso giardino delle suore di via Basilicata, all’area del villino Mulas – Mameli, destinato a ristorante, da quanto si sente. Ma anche gli spazi vuoti di testimonianze. Un’area archeologica, in particolare una necropoli non è, infatti, un mero accumulo di tombe o di edifici, ma una complesso urbanisticamente articolato, nel quale alla presenza di strutture archeologiche, ad esempio gruppi di tombe, si affiancano spazi vuoti che erano elementi di transizione, di spostamento delle persone, di delimitazione tra un gruppo e l’altro. Costruire negli spazi vuoti, tanto non ci sono tombe, è frutto di una visione distorta della pianificazione urbana che ha come effetto quello di snaturare la realtà storica trasformandola un coacervo di elementi non più comprensibili. In altre parole Tuvixeddu-Tuvumannu, un’area di importanza internazionale, è stata lasciata alla privatizzazione; mi pare che l’epitaffio più efficace sia quello posto sull’edificio di ingresso all’area dell’impresa che sta realizzando gli edifici: Tuvixeddu, Ufficio vendite. Credo che possa definirsi uno scandalo.

1 Commento a “Tombe e cemento”

  1. Angelo Liberati scrive:

    Cosa si può aggiungere?

    Auguriamoci che i cagliaritani (e i sardi, al momento opportuno) tengano gli occhi aperti e la memoria necessaria. Al momento opportuno.

    Angelo Liberati

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI