Trattenimento migranti non può essere punitivo

7 Ottobre 2015
Foto Roberto Pili
Valentina Brinis

La Cassazione con sentenza 18748/15, ottenuta dall’avvocato Alessandro Ferrara collaboratore dell’associazione A Buon Diritto, ha annullato il provvedimento di trattenimento nel centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria (Roma), di un cittadino libico di etnia tuareg. Il periodo di permanenza all’interno di quel luogo era stato più volte prorogato nonostante la stessa autorità libica in Italia si fosse da subito opposta al rimpatrio che avrebbe esposto il trattenuto “a un grave rischio per la propria vita e incolumità nell’ipotesi di rientro in Libia”. Le stesse autorità avevano inoltre constatato che l’impossibilità del rimpatrio era “una situazione permanente” e non transitoria, e che dunque faceva venir meno anche la necessità del trattenimento.
Si tratta di una sentenza importantissima che conferma l’inadeguatezza dell’ingresso al Cie di persone che sin dal principio si dimostrano inespellibili. E sono un esempio tutti quelli che vengono trattenuti più volte – anche sei, sette – senza che le autorità siano in grado di procedere al rimpatrio per mancanza di riferimenti precisi sulla nazionalità. Il trattenimento non può essere utilizzato come strumento punitivo ma bisogna prevedere un maggiore utilizzo delle misure alternative. E se ciò non avviene per legge, deve assolutamente accadere per i costi umani ed economici che la permanenza in quei posti comporta.-

Foto Roberto Pili

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