Tre donne assassinate: così si vuole sabotare la pace
16 Gennaio 2013Manuela Scroccu
E’ l’una di notte del 10 gennaio in Rue Lafayette, nel decimo circondario. Di giorno è una via animata, non lontana dalle famose Galeries Lafayette e dalla Gare du Nord, la più affollata stazione di Parigi. Qui, al primo piano di un palazzo come tanti, alcuni uomini entrano in un appartamento. Sono preoccupati. Hanno provato a chiamare tutto il giorno ma nessuno ha mai risposto al telefono. Accanto all’ingresso sono evidenti delle tracce di sangue. Molto presto si accorgono delle tre figure che giacciono a terra, senza vita. Sono i corpi di tre donne: Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Soylemez. Sono state uccise con un colpo alla nuca nella sede del Centro d’Informazione del Kurdistan, un punto di riferimento importante per i migranti curdi della diaspora. Nessun segno di effrazione. Un’esecuzione fredda e spietata. Potrebbe essere la trama di un romanzo, uno di quelli con risvolti da intrigo internazionale, con i servizi segreti più o meno deviati e strategie politiche inconfessabili. Ma non è un romanzo. Qualcuno, da qualche parte, ha ordinato l’omicidio “politico” di tre donne, tre attiviste politiche impegnate nel portare avanti la causa del proprio popolo, nel cuore di Parigi.
Sakine Cansiz, era stata nel 1978 tra le fondatrici del PKK, il Partito Curdo dei Lavoratori. Fidan Dogan era la responsabile dell’ufficio culturale e rappresentante del Congresso nazionale del Kurdistan (Knk), che ha base a Bruxelles mentre Leyla Soylemez era una giovane attivista che collaborava con il Centro. Tutte e tre erano impegnate attivamente nella lotta per la libertà e la democrazia: la scelta di ammazzarle in maniera così brutale, colpendole all’interno di un luogo sicuro e caro, legato all’impegno politico quotidiano per il popolo curdo, non è stata certamente un caso. La loro morte ha scosso la capitale francese e l’intera comunità curda che è scesa in piazza per manifestare la sua rabbia e disperazione.
Nonostante le tiepide dichiarazioni di alcuni esponenti del partito di maggioranza attualmente al governo in Turchia, come Hüseyin Çelik che ha parlato di possibile “regolamento di conti all’interno del PKK”, nessuno, nemmeno gli inquirenti francesi, sembra avere dubbi sul legame tra questi omicidi e la ripresa del negoziato per la soluzione della questione kurda.
Il governo turco sta trattando con Abdullah Ocalan, il leader turco del PKK, attualmente in prigioni in Turchia. Recentemente sono trapelate notizie certe su un incontro tra il leader del PKK e i servizi segreti turchi. Episodio cui ha fatto seguito la prima visita a Ocalan dei membri del partito per la pace e la democrazia, pro-curdo, che avevano manifestato il loro ottimismo sull’esito della trattativa.
La posta in gioco potrebbe essere la consegna delle armi e la fine degli attentati da una parte e il riconoscimento dei diritti linguistici ed etnici alla popolazione curda dall’altra.
Sono molti quelli che potrebbero avere interesse a sabotare il processo di pace attuando una vera e propria strategia della tensione, anche con episodi violenti fuori dalla Turchia, per pilotare le trattative a proprio vantaggio.
La Francia e l’Europa si trovano ora a gestire una situazione delicata e soprattutto a far fronte agli appelli di chiarezza e di giustizia arrivati dalla comunità curda della diaspora francese. Sono tantissime le manifestazioni organizzate per denunciare l’uccisione delle tre attiviste e per chiedere che vengano individuati non solo gli esecutori materiali degli omicidi ma soprattutto i mandanti politici.
Il presidente François Hollande, da parte sua, ha parlato di un atto orribile, sottolineando di aver incontrato più volte in passato Sakine Cansiz (dichiarazione che non ha fatto piacere al premier turco). Il ministro francese dell’Interno, Manuel Valls, ha promesso che le autorità francesi faranno luce sull’eccidio. Ma nonostante le rassicurazioni, al momento dell’uscita dei feretri dalla palazzina, in mezzo alla folla in lutto e profondamente scossa, si sono uditi chiaramente slogan come “Turchia assassina, Hollande complice”. Adesso, di fronte a tre omicidi brutali di chiara matrice politica, la Francia e l’Unione europea non possono più esimersi dal far sentire il loro peso nelle trattative per la soluzione della questione curda. Non è più tempo di guardare dall’altra parte.