Turchia e dintorni. Attacco alla democrazia
16 Novembre 2019[Emanuela Locci]
Dopo le ultime notizie che arrivano dalla Turchia che riguardano la destituzione di quattro sindache di origine curda, si ripropone pesantemente la questione se la Turchia sia ad oggi retta da un governo democratico o da uno autoritario. Le arrestate in via precauzionale, sono Gülistan Öncü del comune di Savur; Nalan Özaydın di Mazıdağı; Mülkiye Esmez di Derik e Hatice Çevik del comune di Suruç.
Tutte e quattro le sindache appartengono al Partito Democratico dei Popoli, (HDP) e tutte, al pari di molti colleghi che le hanno precedute, sono accusate di “appartenere a un’organizzazione terroristica e far propaganda in favore di questa organizzazione”.
La situazione che si propone oggi in realtà è presente in Turchia dal 2016, ossia dal dopo tentato golpe.
Immediatamente dopo il tentativo di colpo di stato il governo in carica, e il presidente della repubblica in particolare hanno stretto la morsa contro gli oppositori in particolare quelli legati al partito filo curdo Hdp. Nell’estate 2016 furono circa cento i sindaci che furono destituiti dal loro incarico e incarcerati con l’accusa di essere legati al Pkk. I sindaci destituiti furono rapidamente sostituiti da commissari statali. Solo con le recenti elezioni di marzo i comuni curdi sono tornati amministratori regolarmente eletti.
Alla fine del 2018 Mustafa Bayram, il co-sindaco della città settentrionale di Halfeti, nel Kurdistan, è prima destituito dal suo ufficio, arrestato e dopo condannato dal tribunale a nove anni e quattro mesi di carcere per accuse di terrorismo. Ma il suo è solo uno dei tanti nomi di quella che sta diventando una lista tristemente lunga.
Dopo un periodo di stasi, dovuta probabilmente alle elezioni di marzo, nell’estate 2019 sono ricominciate le “purghe”. Ad agosto sono stati arrestati i sindaci di importanti municipi di città a maggioranza curda, quello del municipio di Amed nella città di Diyarbakir, del comune di Mardin e quello di Van. Il sindaco di Mardin è stato destituito per la seconda volta dopo essere stato democraticamente eletto a marzo. Le sue dichiarazioni riferendosi al governo dell’Akp, sono molto chiare a proposito dell’ondata di violenza e della deriva autoritaria che sta vivendo il paese dal 2016: «non riconoscono la volontà degli elettori e parlano lo stesso di democrazia».
Ad oggi sono 24 municipalità passate nelle mani dei commissari governativi dall’ultima tornata elettorale del 31 marzo 2019. Questa sintetica descrizione si è concentrata sulle violazioni perpetrate dal governo nei confronti di persone politiche e nei confronti della stessa democrazia, che essi legittimamente rappresentano, ma non sono le sole.
In Italia poco si è parlato della vera e propria persecuzione che sta vivendo uno dei più importanti intellettuali turchi contemporanei, Ahmet Altan, che rilasciato dal carcere poche settimane fa, dopo una prigionia di quasi tre anni e mezzo, prigionia condivisa con il fratello Mehmet, economista di formazione marxista, arrestato anch’egli e di recente rilasciato, è stato nuovamente tratto in arresto.
Davvero ci si chiede se la Turchia sia ancora una democrazia.