Turchia e dintorni: “Chi vince Istanbul vince la Turchia, chi vince Istanbul vince tutto”
16 Aprile 2019[Emanuela Locci]
Il titolo di questo mio piccolo contributo riprende lo slogan che il presidente Erdoğan ripeteva nel 1994 durante la campagna elettorale che lo avrebbe poi portato a diventare sindaco della capitale storica ed economica della Turchia, Istanbul. Oggi dopo 25 anni possiamo invece dire che: chi perde Istanbul perde la Turchia? Perde tutto?
Le elezioni amministrative del 31 marzo, forse non saranno una svolta nella vita politica turca, ma certo lanciano un preciso segnale sul fatto che il potere dell’Akp e del suo uomo forte stanno subendo i primi contraccolpi, e forse a causa della situazione di forte instabilità che si avverte in Turchia. Il successo di Erdoğan, sia nel 1994 sia nel 2002, e la vittoria mutilata di queste ultime elezioni hanno un comune denominatore: la crisi economica. Una crisi economica lo fece salire al potere, e oggi una crisi economica sta sgretolando questa sua leadership.
I risultati elettorali che secondo Gül sono stati i più contestati degli ultimi decenni hanno in definitiva decretato la vittoria degli avversari del Presidente nelle città chiave della Turchia. Ankara, la capitale con i suoi cinque milioni di abitanti, ha scelto come sindaco Mansur Yavas, con un netto distacco dal suo diretto concorrente, Mehmet Özhaseki. Istanbul, che è la città più popolosa del paese e la più importante dal punto di vista economico ha scelto Ekrem Imamoglu, che aveva come antagonista Binali Yldirim, uomo di fiducia del presidente.
La precaria situazione economica che la Turchia vive da un paio di anni, caratterizzata dalla recessione che l’ha colpita dal 2018, dal Pil che rallenta, dall’inflazione che ormai ha raggiunto il 20% , senza dimenticare la caduta libera del potere d’acquisto della lira turca, sono tutti elementi che hanno minato alla base il consenso degli elettori dell’Akp, che in questa tornata elettorale hanno suonato il gong che potrebbe presagire un cambio di rotta nelle scelte elettorali di tutta una nazione. Erdoğan nel corso di questa campagna elettorale ha cercato di correre ai ripari con una serie di misure, riduzione dell’Iva, sgravi sui consumi elettrici, che avevano lo scopo di attenuare nell’immediato gli effetti negativi della crisi che inevitabilmente si manifestano più forti nei confronti delle classi meno abbienti, che costituiscono una buona parte del suo elettorato. Tutto ciò non ha prodotto i frutti sperati.
Non bisogna però dimenticare che il partito del presidente rimane tutt’ora la prima realtà politica del paese. E non bisogna sottovalutare neanche il fatto che l’Akp continua a mantenere roccaforti importanti in Anatolia, Konya, Erzerum continuano a rimanere saldamente nelle sue mani, confermando di essere un serbatoio di voti per Erdogan. Anche se ha perso alcune delle città più importanti e rappresentative della realtà turca, Istanbul in testa, Erdoğan non si è lasciato scoraggiare e ha da subito dichiarato che le prossime elezioni non saranno prima del 2023, questo lasso di tempo così lungo gli darebbe il tempo di ripristinare il suo potere, senza dover tornare alle urne nel frattempo.
Un’altra arma strategica è quella della legge che prevede che i politici che sono anche solo sospettati di avere legami con il Pkk, sono esclusi dalla partecipazione alla vita politica, quindi anche alcuni sindaci che sono stati eletti in questa tornata in realtà non potranno accedere al mandato e saranno sostituiti dal secondo in ordine di elezione, che nella maggior parte dei casi è un esponente dell’Akp.
Facendo un breve bilancio se si guarda a questi risultati elettorali si deve registrare che Erdoğan è ancora saldamente al potere, anche se aver perso città strategiche come Istanbul e Ankara, senza dimenticare Izmir e Antalya, potrebbe essere la prima crepa che potrebbe portare al calo di popolarità del presidente e del suo gruppo dirigente. Ancora è presto per fare un bilancio definitivo, anche perché in alcuni casi si stanno ripetendo i conteggi delle schede elettorali, però dopo il 31 marzo si respira una nuova brezza in Turchia e non sembra vento a favore di Erdoğan.
Per ora chi perde Istanbul, ha perso un tassello importante, non ha perso tutto, ma potrebbe perderlo in futuro, forse non in un immediato futuro, ma neanche in uno troppo lontano. Starà anche ai partiti all’opposizione, in particolare al Chp, creare le condizioni favorevoli perché questo voto di marzo non vada sprecato, e non vada sprecato il segnale forte che la popolazione ha voluto dare.
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