Ultima Generazione: Il giusto prezzo della ribellione

29 Marzo 2025

[Valter Canavese]

Ultima Generazione nasce nel 2021 per denunciare la forte inadeguatezza di risposte alla crisi climatica che sta investendo su più fronti il nostro pianeta, Italia inclusa.

Una indifferenza ai problemi di siccità, dove un ministro dichiara fortunata la Sicilia per essere stata investita in maniera meno drastica dalla crisi idrica e dove la Sardegna ha un deficit strutturale per la penuria di precipitazioni atmosferiche, ai quali si contrappongono alluvioni violente e reiterate che distruggono territorio e campagne.

Gli appelli di Ultima generazione affinché venga predisposto un Fondo per danni derivanti da una crisi ambientale, sono colpevolmente ignorati, e i vari rappresentanti di governo negano che vi sia un problema legato all’ambiente, pur sconfessati da dati incontrovertibili, sull’aumento delle precipitazioni violente e sull’estensioni di territori sottoposti a stress idrico per carenza di piogge.

L’indifferenza e l’ignorare smaccatamente il problema non ha tolto vigore all’azione di Ultima Generazione ed ai suoi rappresentanti i quali, ostinatamente e con coraggio, sfidano con azioni e mobilitazione non violenta anche quelle che saranno le ulteriori restrizioni a compiere azioni di dissenso previste dal Ddl 1660. Per questo, nel febbraio del 2025 hanno lanciato una nuova campagna di ribellione con il nome di “Il giusto prezzo”, presentata anche con una lettera a tutti i parlamentari.

Questo nuovo obiettivo mette insieme la crisi climatica, il cibo ed il carovita, con un legame evidente che investe da tempo le persone unendo ambiente, economia e giustizia sociale. Ultima Generazione si prefigge delle campagne di resistenza civile al fine di garantire un sistema alimentare equo e sostenibile attraverso la protezione dei raccolti che garantisca un giusto prezzo per chi produce e per chi acquista, con l’intento di debellare o contenere gli extra profitti nel settore alimentare.

Tale redistribuzione sociale del cibo dovrà contemplare l’estensione della pratica di donare il cibo invenduto e favorire la possibilità di offrire “piatti sospesi” ma anche il rafforzamento delle misure contenute nella legge n°166/16 o legge Gadda, quali quelle sulla cessione a titolo gratuito dei prodotti agricoli invenduti.

Il rafforzamento di queste misure, nell’obiettivo degli attivisti di Ultima Generazione prevede il coinvolgimento dei soggetti più deboli e di vari strati della società investiti, sia come produttori che come consumatori, da una crisi alimentare che nell’arco degli anni che vanno dal 2013 al 2022 ha  registrato in Italia danni nel settore agro alimentare per circa 50 miliardi di euro; questo consentirà una risposta concreta ad un carovita che, nei prodotti di largo consumo primario, ha toccato un aumento negli ultimi due anni pari al 21,3 %.

Sulla nuova campagna di Ultima Generazione abbiamo sentito i rappresentanti in Sardegna, che fin dall’inizio della attività del coordinamento nazionale hanno fornito un importante sostegno schierandosi in prima linea nelle azioni di UG. Questo anche con la recente azione dimostrativa nella facoltà di Scienze Umanistiche a Cagliari dove un gruppo di attivisti ha imbavagliato il busto di Giordano Bruno per protestare contro l’approvazione del Ddl 1660, che prevede pene più severe per chi manifesta.

All’interno del documento di Ultima Generazione che lancia la campagna 2025 “il giusto prezzo”, si imputa alle élites una speculazione sui prezzi dei prodotti alimentari. Chi sono per voi le élites e quali sono le loro responsabilità?

Le élites sono gli squali dell’industria agroalimentare, della Grande Distribuzione Organizzata e della finanza, che pagano pochissimo le materie prime (cioè i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento) e fanno pagare sempre più cari i prodotti negli scaffali. Su €100 di spesa di frutta e verdura, ad esempio, solo €7 vanno agli agricoltori, quota che scende a €1,50 per i prodotti trasformati (Rapporto Ismea 2024). Basti pensare alla vertenza del latte: i pastori sardi lottano da anni contro gli industriali del pecorino per vedersi riconosciuto un prezzo dignitoso. Penso anche al fatto che l’uomo ricco d’Italia, Giovanni Ferrero, ha un patrimonio di 35 miliardi di dollari. Nel frattempo, più della metà delle persone in Italia fatica ad arrivare a fine mese. Ma la responsabilità è anche della politica, che tutela gli interessi delle élites a scapito delle persone comuni.

Le vostre linee politiche e sociali sono volte a creare dei gruppi di solidarietà e resistenza. Come verranno formati, e a quale tipo di resistenza state pensando?

Le nostre azioni sono volte a ottenere dei cambi di politiche da parte delle istituzioni, principalmente il Governo e il Parlamento. Ma sappiamo anche che, in un contesto di crisi climatica, economica e sociale, questo non è sufficiente, bensì è necessario anche organizzarci per il mutuo aiuto, tra singoli ma anche tra realtà differenti. Ad esempio, possiamo sabotare la Grande Distribuzione Organizzata evitando di acquistare nei supermercati e invece recuperando il cibo ancora buono che loro stessi buttano. O acquistare per quanto possibile direttamente da agricoltori locali, rimuovendo tutta la filiera opaca che c’è in mezzo: si paga lo stesso o persino si risparmia rispetto alla GDO, e chi produce ottiene condizioni migliori. I Gruppi di Acquisto Solidale sono un ottimo esempio in merito. Parallelamente alle richieste al Governo, vogliamo creare un’alleanza tra consumatori (specie a basso reddito) e produttori e mettere a nudo le contraddizioni del sistema agroalimentare, fatto di spreco e sfruttamento.

Ci sono differenze in questa nuova campagna rispetto a quella nella quale chiedevate un “fondo riparazione”?

Entrambe le campagne si inseriscono in un contesto di crisi ecoclimatica e sociale. La differenza col Fondo Riparazione, è che, se magari non tutte le persone subiscono direttamente i danni di alluvioni e ondate di calore, il cibo è invece qualcosa che riguarda tutti quanti. Per cui proteggere i raccolti e garantire un prezzo giusto sia per chi produce che per chi consuma (facendo pagare le élites) tocca più da vicino la maggioranza della popolazione. Quanto alle azioni, già da qualche anno ne mettiamo in atto di rischio legale più basso per permettere a più persone di parteciparvi (come quella di pochi giorni fa in Magistero a Cagliari), senza però rinunciare in assoluto a praticarne di più forti.

Con chi vi confronterete per le possibili alleanze e quale strategia immaginate?

Siamo già in contatto, per quanto riguarda la campagna Il Giusto Prezzo con realtà studentesche e universitarie, di volontariato, comitati locali e singoli agricoltori. L’idea è quella di rafforzare i legami e stringerne di nuovi con realtà interessate alla campagna e alla nostra visione a lungo termine. Ci sarà chi vorrà scendere in azione, chi vorrà portare competenze, chi farà pressione attraverso altre strade, chi spargerà la voce. Siamo aperti a tanti tipi di collaborazione, coscienti del fatto che, anche un poco alla volta, abbiamo bisogno di alzare la voce se davvero vogliamo cambiare le cose, insieme.

Per quel che riguarda la Sardegna quali sono i vostri obiettivi e, nello specifico, quali campagne intendete attivare?

Vogliamo crescere, creare gruppi anche fuori Cagliari. Stringere e fortificare alleanze. In merito a campagne locali legate a Il Giusto Prezzo, ci stiamo ancora lavorando. Una campagna necessita di tempo per essere progettata e metteremo in atto anche azioni dirette nonviolente per portarla avanti.

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