Un’epidemia di radar
1 Giugno 2011Stefano Deliperi*
Sono spuntati come funghi dopo la pioggia. Sono i progetti di radar della Guardia di Finanza lungo le coste occidentali della Sardegna. Quasi un’epidemìa. Da Capo Sperone (S. Antioco) alla costa di Capo Pecora (Fluminimaggiore), dal litorale di Tinnias (Tresnuraghes) all’Argentiera (Sassari). Dalle poche informazioni disponibili, appaiono inseriti in un ambito operativo molto più vasto, di ampliamento del “sistema radar di sorveglianza” attualmente già un uso lungo le coste del basso Adriatico. Altri, fra le polemiche, sono in progetto a Sciuranti e Salanare, nella riserva naturale Otranto-S.Maria di Leuca-Bosco di Tricase (Gagliano del Capo, LE), a Capo Murro di Porco-Plemmirio (Siracusa), da dove però – grazie alle pressioni del Ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo (siracusana) – sembra che sarà delocalizzato. Di che cosa si tratta? Il radar (progetto Capo Sperone, gli altri dovrebbero avere caratteristiche similari) prevedrebbe tralicci alti mt. 36, piattaforme in calcestruzzo, shelter, cabine per apparati di trasmissione e servizi connessi e rientrerebbe in un programma prevedente la realizzazione di n. 5 radar EL/M-2226 ACSR (Advanced coastal surveillance radar) prodotti dalla Elta Systems, società controllata dalla Israel Aerospace Industries ltd, con fondi comunitari P.O.N. asse 1.2 (Fondo europeo per le frontiere esterne, programma quadro sui flussi migratori 2007-2008).
I relativi lavori (importo complessivo pari a euro 5.461.700,00) sarebbero stati appaltati, senza gara pubblica (in quanto sarebbe unico il soggetto in grado di realizzarli), in favore della Almaviva s.p.a. (Roma), società fra i più rilevanti fornitori di forze armate e forze dell’ordine. I motivi ufficiali di quest’epidemìa di radar risiederebbero nell’avvistamento rapido delle imbarcazioni di clandestini, ma – senza scomodare l’uso dei satelliti – riesce proprio difficile pensare che qualche pazzo di clandestino partito magari da Annaba (Algeria) voglia entrare nella fortezza Europa sbarcando sotto le alte falesie dell’Argentiera.
Le procedure seguite appaiono del tutto similari: richiesta da parte della Guardia di Finanza alle strutture periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, convocazione di conferenze di servizi per la localizzazione di opere d’interesse statale (art. 3 del D.P.R. n. 383/1994), comunicazione di inizio dei lavori e avvìo del cantiere. Questa, ad esempio, la procedura seguita per il progetto radar di Capo Sperone. L’area, sul mare, è tutelata con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e ai sensi del piano paesaggistico regionale (D.P.Re. n. 82 del 7 settembre 2006), mentre è classificata zona “H-salvaguardia” nel vigente P.U.C. di S. Antioco. Dopo una prima conferenza di servizi tenutasi nel dicembre 2010, nella successiva del 10 gennaio 2011 sono stati acquisiti pressoché tutti i pareri necessari (alcuni condizionati, fra cui quello della Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari in tema di tutela paesaggistica). Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna – Sede coordinata di Cagliari (nota n. 1361 del 15 febbraio 2011) ha comunicato la raggiunta intesa per la localizzazione di opere di interesse statale alle Amministrazioni pubbliche competenti riguardo la realizzazione del detto radar.
Tuttavia non risultano verificati preventivamente i campi elettromagnetici producibili dall’impianto, aspetto ancor più grave in quanto trattasi di area di rilevante interesse anche turistico, sovrastante le uniche spiagge balenabili del territorio comunale. Inoltre, il progetto del radar rientra nel sito di bonifica di interesse nazionale – S.I.N. (D.M. Ambiente n. 468/2001) perimetrato con D.M. Ambiente 12 marzo 2003 e gli interventi in aree S.I.N. devono essere preventivamente autorizzati dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare previ specifici piani di caratterizzazione (art. 252 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) ai fini delle opportune e necessarie bonifiche e risanamenti ambientali. Inoltre, con deliberazione Giunta regionale n. 36/22 del 4 novembre 2010 è stata concessa un’area in comodato per la realizzazione delle opere, però l’individuazione specifica dell’area è avvenuta soltanto in data 10 febbraio 2011 da parte del Servizio centrale demanio e patrimonio, non potendo consentire alle Amministrazioni Pubbliche partecipanti alla conferenza di servizi svoltasi in data 10 gennaio 2011 di esprimere un parere compiuto e scevro di dubbi e imprecisioni. Dopo la scoperta di progetti e cantieri, alle decise proteste sollevate da residenti e comitati locali, seguite dall’occupazione dei siti prescelti, fa da specchio l’ignavia della Regione autonoma della Sardegna (dagli atti disponibili i pareri delle sue strutture risultano invariabilmente positivi e piuttosto sbrigativi) e la contraddittorietà delle Amministrazioni comunali. Infatti, se da un lato vi sono stati Comuni – come S. Antioco – che si sono limitati ad esprimere un parere positivo, meramente sotto il profilo urbanistico, “a condizione che siano escluse opere che possano danneggiare l’ambiente, siano escluse palificazioni per alimentazione elettrica” in sede di conferenza di servizi (10 gennaio 2011), altri – come Tresnuraghes – hanno espresso parere positivo con sensibili apprezzamenti (“volumi tecnici … tali da non incidere negativamente sullo stato dei luoghi e sulla qualità paesaggistica del contesto”, vds. nota n. 6622 del 14 dicembre 2010).
Sostanzialmente inutili le recenti riunioni fra rappresentanti istituzionali per trovare una soluzione concordata. Abbastanza isolate le prese di posizione dei politici sardi: un’interrogazione consiliare è stata presentata dalla consigliere regionale indipendentista Claudia Zuncheddu sul progetto del radar di Capo Sperone e due interrogazioni parlamentari da Caterina Pes e da altri deputati del P.D. sui vari progetti. Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra hanno inoltrato – dopo la richiesta di informazioni a carattere ambientale e adozione degli opportuni provvedimenti del 28 marzo 2011 – un ricorso (17 maggio 2011) alla Commissione europea e alle Amministrazioni pubbliche nazionali, regionali e locali competenti riguardo l’installazione del potente radar presso la storica struttura di segnalazione e avvistamento oggi in rovina de Il Semaforo di Capo Sperone.
Coinvolti anche il Ministero dell’ambiente, il Ministero per i beni e attività culturali, l’Assessorato regionale dell’urbanistica, la Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari, la Soprintendenza archeologica di Cagliari, il Servizio regionale tutela paesaggistica, il Comune di S. Antioco, l’A.R.P.A.S., il Corpo forestale e di vigilanza ambientale. Informata anche la competente magistratura. Come andrà a finire?
E’ proprio necessario questo muro di radar per difendere la fortezza Europa o rende soprattutto felici i conti in banca delle società interessate?
*Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico
1 Giugno 2011 alle 10:28
Faccio notare che tutte le amministrazioni locali coinvolte si sono espresse solo tramite i loro uffici. Nessun atto della procedura ha coinvolto organi politici elettivi. Questo non per alleggerire le gravi responsabilità politiche degli amministratori, ma per segnalare i pericoli di procedure che by-passano impunemente tutti i livelli di controllo democratico
1 Giugno 2011 alle 14:26
Operazione inaccettabile, sotto diversi punti di vista: ambientale, politico, socio-sanitario.
I radar funzionano a microonde, non a onde radio, e pare abbiano un raggio di 50 Km. Quali studi scientifici sono stati prodotti per escludere conseguenze sull’ambiente e la salute? E che senso ha, alla luce degli scopi dichiarati (il contrasto dell’immigrazione “clandestina”), piazzare dei radar dove non c’è stato mezzo sbarco dai tempi dei saraceni? Ammesso e non concesso che possano esistere degli esseri umani “clandestini” sul nostro pianeta.
C’è poi la questione della subordinazione degli interessi, dei diritti e della volontà dei sardi agli interessi dello stato italiano. Problema mai preso in considerazione a sufficienza, ma che sarà bene cominciare a focalizzare, prima o poi.
1 Giugno 2011 alle 17:44
Finalmente una cifra sullo spreco di pubblico denaro: euro 5.461.700,00 per un’operazione che alla Sardegna non porta frutto, le toglie altre fette di territorio, lo deturpa, mette a rischio la salute dell’uomo. Tutti sappiamo che all’Argentiera, come alla marina di Tresnuraghes non potranno mai sbarcare profughi provenienti dall’Africa. Ma se anche sbarcassero i sardi sanno bene che oggi i mori a cui mozzare il capo, che ci depredano, hanno la pelle più bianca della nostra e tramano a nostro danno nei palazzi romani e non solo romani. Spero che questa in atto sia solo una battaglia iniziale di un processo di riappropriazione del nostro sacro suolo. Almaviva può anche morire, ai sardi non dispiacerà di certo.