Un’Europa di sorvegliati speciali

16 Maggio 2012

Graziano Pintori

L’Unione Europea si compone di stati con culture, sistemi economici e politici differenti, dove sono evidenti le solidità di taluni e le debolezze di altri. Sono gli stati che a suo tempo avevano deciso di stringersi sotto “l’eurombrello”, per ottenere vantaggi e benefici derivanti dal controllo delle fluttuazioni economiche, dal minore costo dei cambi e dal mercato unico; questa scelta presumeva la cooperazione fra gli stati membri, ai fini della stabilità della moneta e dell’economia e a vantaggio di una maggiore occupazione e maggiore benessere per i cittadini europei. Tutto questo sulla carta, nei fatti le disuguaglianze fra gli stati membri non sono state mai superate,  anche perché nell’UE l’interesse economico assorbe il principio di solidarietà fra i popoli.
Una caratteristica ben evidenziata in questi anni di forte depressione,  punteggiata dal ristagno degli affari, da fallimenti, liquidazioni, disoccupazione e quanto di peggio possa succedere a chi ne è coinvolto. In  particolare i cosiddetti paesi del PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna),  sotto la morsa di deficit storici e strutturali. Del loro deficit si avvantaggiano i paesi con solide economie come la Germania, subiscono da quest’ultima, che parla d’Europa pensando alla propria posizione di dominio, condizioni e controlli sulla spesa tanto rigorosi fino a dover cedere parte della propria sovranità monetaria.
Sostanzialmente i PIIGS sono dei sorvegliati speciali, sono limitati nei loro movimenti finanziari e nelle scelte economiche perché stretti dalla garrotta in salsa tedesca, quella che tiene il punto delle riforme e del rigore, quel meccanismo  sempre pronto a strangolare chiunque commetta dei passi falsi. Perciò, non a caso, l’Italia, il paese meno vulnerabile del gruppo PIIGS, per evitare di precipitare nel fondo di una crisi che la porterebbe fuori dall’”eurombrello”, si è affidata al commissario europeo Mario Monti.
A lui, il presidente della Repubblica, il migliorista Giorgio Napolitano, ha dato carta bianca per fronteggiare il debito pubblico fra i più alti al mondo, che necessita di provvedimenti draconiani anche se sono causa di shock economici ed  esistenziali che spingono al suicidio. Monti, banchiere bocconiano, non si stanca mai di giustificare la sua azione richiamando la cattiva gestione delle pubbliche risorse da parte dei precedenti governi, ben rappresentati in parlamento dall’A B C della politica nostrana.
Alfano, Bersani e Casini sono ben coscienti delle proprie responsabilità passate, presenti e future perciò, per salvare capre e cavoli, non hanno esitato a modificare la Costituzione Italiana, come se si trattasse di una  semplice operazione bancaria. La modifica consiste nella revisione dell’art. 81 della Costituzione, in cui si accolgono nuove regole di contenimento sulle politiche di risanamento finanziario, ovvero  garantire la coerenza tra le entrate e le spese, cioè l’equilibrio di bilancio. Tutto è avvenuto senza dibattito, con l’oscuramento dell’informazione ed esaltazione dell’unanimismo delle scelte montiane, che di fatto hanno abbassato l’attenzione critica sul governo.
In questa nazione dove si fanno infinite campagne di stampa a parlare di puttanelle e di niente, nulla si dice, o quasi, sulla rilevante decisione che ha cambiato la nostra Costituzione, nessuna  possibilità è stata concessa per  fare pronunciare il popolo attraverso un referendum, perché il parlamento, a sua volta commissariato almeno per l’80%, si è pronunciato silenziosamente e favorevolmente con oltre i due terzi dei voti. Sembra un’assurdità, ma qui da noi, in Italia, tutto può accadere. Mentre invece in Europa, trattandosi di materia estremamente delicata, considerato che il pareggio di bilancio può apportare radicali mutamenti al modello sociale di uno stato, anche il conservatore Sarkozy, nonostante le pressioni delle istituzioni finanziarie e dei mercati,  si è guardato bene di adottare questa disciplina di bilancio prima delle presidenziali del 6 maggio; la stessa Spagna dimostra estrema prudenza prima di modificare la propria Costituzione. Lo stesso presidente degli Stati Uniti, non il responsabile dei Soviet, ha ascoltato con molta attenzione l’appello di cinque premi nobel americani, che chiedevano di respingere la richiesta di inserire nell’ordinamento legislativo l’obbligo del pareggio di bilancio.
L’Italia sostanzialmente ha bandito dalla prassi gestionale il concetto economico keynesiano, che consiste, mi scuso per la semplificazione, nel fare proprio quel cerchio virtuoso che favorisce redditi, consumi e occupazione a fronte di oculati investimenti, seppure sostenuti in periodi di recessione.
Un cerchio virtuoso che l’irresponsabile politica economica italiana ha voluto cancellare nascondendosi dietro la modifica silenziosa della Costituzione, evitando in questo modo di servirsi del coraggio politico necessario per avviare la politica dei tagli nei confronti degli sprechi e dell’inutilità delle spese scandalosamente evidenti, come l’acquisto dei 90 bombardieri F 35, le spese per le cosiddette missioni di pace e per le missioni di certi esponenti militari che ammontano a 5 milioni annuali.

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