[Roberto Mirasola]

È passato un anno dalla scomparsa di Marco, un anno senza la sua militanza giornalistica, dunque un anno di silenzio. Manca il suo contributo, manca la sua passione, manca la sua voglia di partecipazione e il suo dinamismo che ci ha sempre coinvolto.

Oggi sarebbe stato in prima linea contro questa guerra e saremmo stati impegnati in mille discussioni per comprendere ma anche per condannare questa deriva sempre più violenta che la nostra società sta prendendo. Sempre presente nel fronte antimilitarista e da sempre contrario alla RWM a Domusnovas sarebbe stato contrario all’invio di armi in Ucraina così come sarebbe stato sconvolto dall’idea di incrementare la spesa pubblica per l’acquisto di armi.

Armi a discapito delle politiche sul lavoro, armi a discapito della sanità, armi a discapito delle diseguaglianze. Forse pecco di presunzione cercando di interpretare il pensiero di Marco, ma sono convinto che conoscendo il suo insegnamento non mi allontano troppo da quelle che sarebbero state le sue parole. Gli anni trascorsi con lui sono stati per me fonte di insegnamento che non è stato dimenticato. L’impegno pubblico che tutti noi dobbiamo portare avanti se vogliamo migliorare il nostro modo di vivere. Il tema del lavoro come argomento centrale della dignità dell’individuo è un insegnamento difficile da dimenticare. La capacità di saper ascoltare le diverse opinioni perché solo così il pensiero si può evolvere, l’abbiamo appreso da lui nelle indimenticabili riunioni di redazione che hanno però dato lustro e importanza al Manifesto Sardo.

È quindi con grande nostalgia che scrivo queste due righe. Nostalgia ma non senso di vuoto, perché il Maestro è stato capace di riempirlo e questo mi è di conforto.

Foto di Dietrich Steinmetz