Una giornata di lotta per la sanità sarda
1 Novembre 2021[Graziano Pintori]
Sabato 23 ottobre è stata per Nuoro una giornata di mobilitazione contro la serrata della sanità nuorese. La parola “serrata” è usata di proposito nel suo significato pieno: chiusura, sbarramento, sospensione totale o parziale delle attività sanitarie.
Serrata al diritto alla salute e alle cure come nel caso del San Francesco di Nuoro e degli ospedali di Lanusei, Ghilarza, Sorgono ecc. La partecipazione è stata ampia, le stime parlano di duemila persone presenti tra la mattina e la sera; l’afflusso si è diviso in due momenti, perché due sono stati i promotori della mobilitazione: la mattina quella di “Viviamo a Colori”, un’associazione locale dei malati oncologici, nata in difesa del San Francesco e delle eccellenze che una dopo l’altra vanno scomparendo.
La seconda promossa dai Rossomori si è svolta di pomeriggio, con l’adesione dell’Anpi Nuoro / Ogliastra, Liberu, Associazione Pastori e altri. Personalmente ho ritenuto opportuno essere presente mattina e sera, con altre centinaia di persone, perché ero predisposto a partecipare a un’unica e unitaria giornata di lotta. I microfoni sono stati messi a disposizione delle associazioni e dei cittadini, ma di questa disponibilità, durante la mattina, hanno approfittato soprattutto politici regionali, del Senato e del Parlamento, alcuni dei quali ancora in auge, altri arrivati dal passato, ormai “demodè”.
Personaggi dotati di un’impeccabile capacità di estraniazione dalla loro storia politica, che racconta di essere stati attivi protagonisti di maggioranze politiche (centrodestra/centrosinistra) che hanno accompagnato la sanità verso l’odierno sfascio. La Nuova Sardegna scriveva: “ mentre il Titanic della sanità affonda, l’orchestrina del consiglio Regionale continua a suonare il valzer delle ambiguità”, un cammeo cinematografico che si è replicato sotto il gazebo dell’associazione “Vivere a Colori”.
Abbiamo visto i politici di cui sopra, muniti pateticamente di faccia tosta, inveire contro il presidente Solinas e alla maggioranza che lo sostiene, di cui loro stessi fanno parte. I politici nostrani accusavano il sardista Solinas e il leghista Nieddu, con toni sempre più alti, del fallimento del sistema sanitario isolano, accusandoli di essere ciechi, sordi e incapaci di prestare le giuste attenzioni ai territori lontani da Cagliari, Sassari e Olbia. Nella foga degli interventi, tali rappresentanti del popolo (sic!), non si accorgevano (o facevano finta) che nei loro confronti gli astanti, increduli e un po’ incazzati, storcevano il naso e la bocca, indirizzavano borbottii, suoni vocali di scherno, applausi ironici. Durante la manifestazione pomeridiana questi politici intrusi e bifronti non si sono presentati, evidentemente avevano intuito che per loro l’accesso al microfono sarebbe stato negato.
L’introduzione di Lucia Chessa, segretaria nazionale dei Rossomori, sulla situazione sanitaria sarda è stata assai concreta, di seguito si sono alternati tanti altri interventi che hanno messo a fuoco le cause reali dello sfacelo sanitario della sardegna. Chi ha parlato si è espresso apertamente senza arzigogoli e acrobazie verbali, chiamando in causa la mancata lungimiranza politica per investire nella formazione del personale medico e paramedico e favorire, in questo modo, il ricambio generazionale di queste professioni. E’ stato detto che la cattiva politica si è avventata contro la sanità pubblica: per favorire le prestazioni mediche “intramoenia”, foraggiare imprese esterne per i servizi generali e favorire assunzioni clientelari per parenti e affini.
Si è ricordato che mentre la malasanità regionale pensa a ripristinare le otto ASL e il conseguente potere degli incarichi da affidare ai propri accoliti; la cattiva politica, invece, pensa allo staff milionario per il presidente Solinas, il resto del mondo, ossia i cittadini sardi sono costretti a lunghe attese semestrali o annuali per essere sottoposti a visite e/o consulti sanitari, prescritti dai medici di base. Si tratta di un’attesa discriminante: chi può accorcia i tempi pagando privatamente medici e quant’altro, chi non può pagare attende … e nel frattempo anche morire.
Intanto giunge notizia di una proposta da parte di un noto commerciante di preziosi, il quale invoca il primo ministro Draghi affinché affidi all’esercito la soluzione del dramma sanitario isolano. Lo afferma come se si trattasse di una questione disciplinare o di ordine pubblico e non di malasanità. Più che un generale con le piume alpine o con le semplici stellette, ci vorrebbero toghe indossate seriamente, per capire dove, come, quando è speso il tesoro miliardario della sanità sarda, il quale costituisce il 60% dell’intero bilancio su cui si reggono le sorti dei sardi e della Regione Autonoma della Sardegna.
Al crepuscolo si è chiusa la giornata di lotta per il riscatto della sanità pubblica nuorese, tanti sono stati i volti che s’incrociavano coperti da mascherine che nascondevano i segni delle malattie e delle sofferenze. Nonostante tutto, però, molti occhi esprimevano speranze non ancora sopite. La speranza, sappiamo, che nei corpi malati è sempre l’ultima a morire.