Accoglienti come i sardi

16 Gennaio 2011

Mano arcobaleno

Pier Luigi Carta

“In epoche rivoluzionarie i ricchi sono sempre i più spaventati”, come compare in American Freedom and the Press. Sarà per questo che l’immigrazione è diventata un capro espiatorio internazionale; forse perché i migranti rappresentano il cambiamento in atto. “Era cattivo, infatti, perché era selvaggio; era selvaggio perché era brutto. C’era una logica nella sua natura come nella nostra”, è così che nel Notre-Dame de Paris, Victore Hugo esplicita la supposta differenza di natura e indole che allontana i cittadini italiani dai nuovi cittadini migranti. Una differenza che è sfociata già dal lontano 1998 con “l’emergenza clandestini”, e con “l’invasione del nostro paese da parte di immigrati poveri del Terzo mondo”. Un’emergenza che ha accompagnato gli ex-ricchi del nostro paese, assieme alla sua classe media, nello stesso calderone di incertezza e difficoltà economica che attualmente accomuna più o meno tutta la classe lavoratrice. E siccome l’Italia non è Svizzera e non è Germania, le proteste e i tentativi di fuga degli stranieri detenuti nei campi di permanenza temporanea venivano sedati a colpi di manganello; perché l’Italia ha già tanti di quelli schiavi dalla pelle olivastra ancora da sfruttare, che i nuovi dalla pelle nera non hanno trovato ancora pieno campo libero. Schiavi in abbondanza sembra averne anche l’Europa unita, e i migranti, reali o virtuali, sono un pericolo da contrastare con ogni mezzo: dalla militarizzazione dei confini alla moltiplicazione di veri e propri campi di internamento, dall’espulsione generalizzata all’assistenza economica prestata ai regimi cui i migranti cercano di sottrarsi. Ed ecco quindi che un nuovo muro fa capolino e Christos Papoutsis, il ministro greco alla “Protezione dei cittadini” ha detto basta, i 128 000 migranti entrati l’anno scorso nella Penisola Balcanica sono troppi, quindi l’Europe Fortresse si doterà di un altro muro, questa volta in Grecia. Una barriera di 12,5 km lungo il confine turco, per impedire l’ingresso dei migranti asiatici e africani nella penisola ellenica. Dal mare Egeo, la rotta dei migranti si sposta lungo il fiume Evro, con un flusso di 245 trasmigrati al giorno. Ma l’Europa deve affrontare altri problemi, e anche le dinamiche della migrazione stanno cambiando, i paesi europei diventano sempre più zone di transito. Di fronte all’attuale recessione internazionale e alla crisi occupazionale, delle quali perfino Tremonti è stato costretto a pronosticarne l’avanzata, molti migranti sono spinti a lasciare il loro paese di insediamento, mentre, tra quelli che “non hanno ancora lasciato il nido”, basandoci sui dati dell’indagine condotta dalla società Gallup, sono settecento mila (1 adulto su 7), gli adulti che hanno esprimono il desiderio di lasciare il proprio paese. Abbiamo un 38% di sub sahariani, un 23% di mediorientali e nordafricani, e solo un 10% di chi vive in Asia. Per il burocrati europei, che fiutano l’aria che tira all’UNDP, questa sarebbe l’occasione per inaugurare un nuovo corso delle politiche migratorie. Purtroppo per ora restano parole e la realtà si rivela con lo scoppio delle rivolte “della fame”, che si infiammano a poche centinaia di chilometri dalla costa cagliaritana. Sono quasi 50 le vittime in Tunisia durante “la rivolta della fame” e il presidente Ben Ali si batte il petto condannando gli atti di terrorismo; bazzecole, perché il 1988 non è lontano, quando in Algeria scoppiò “la guerra della semola”, durante la quale 162 giovani restarono senza cous-cous e senza vita; o quando nel 1983 in Tunisia morirono 80 persone e ne furono arrestate migliaia per lo stesso motivo. Pochi chilometri di mare e sembra di calcare i piedi su di un altro mondo, e anche se il dossier statistico 2010 sull’Immigrazione prodotto dalla Caritas, definisce “contradditorio” il clima politico in materia di immigrazione, e il sistema mediatico nazionale è bollato con l’aggettivo “allarmistico”, ci possiamo minimamente consolare col fatto che “la società sarda si rivela gradualmente ospitale e priva di eccessive riserve nei confronti della presenza migrante”, parole dell’asiatista Annamaria Baldussi. Esempio quasi esemplare in Italia è infatti Cagliari, con Sa Marina e Villa Nova, dove il ricordo di ciò che avviene nei CIE si fa sbiadito e per strada sembra che un’integrazione sia davvero possibile. Clara Dessousa, mediatrice culturale brasiliana lo conferma. La sua esperienza più che decennale in Italia è un prototipo di integrazione ottimale: marito italiano, lavoro con tanto di contributi e amici sparsi sul territorio. Il rapporto Eurispes 2010 definisce il segmento anti-immigrato, e secondo il dossier “Italiani brava gente” dimostrano maggiore apertura le donne, se si hanno tra i 35 e i 44 anni; se si è di sinistra o centro-sinistra e se non si vive nel nord-nordest. Se il punto focale del discorso si sposta su criminalità e sicurezza, il Belpaese finisce con il mostrare segni di insofferenza e rigidità pericolose, è infatti il 64% degli italiani a gettare la colpa sugli immigrati della causa dell’aumento della criminalità. La cosa più grave è che sono soprattutto i giovanissimi (tra i 18 e i 24 anni) e gli anziani over 65 a presentare rigidità e chiusura di fronte all’immigrazione. Parlando di giovanissimi, è possibile citare il dato, rilevato dalla Caritas, di 3.837 alunni stranieri iscritti nelle scuole sarde, di cui 562 nati in Italia. Inoltre sarebbe il caso di citare l’esempio controverso della scuola media della Marina, la scuola nella città di Cagliari con il più alto numero di stranieri per classe. In alcuni casi il numero è salito fino al 60%, ma le insegnanti assicurano che non è un problema, molti bambini parlano alla perfezione l’italiano e sono rappresentanti delle seconde generazioni o addirittura i fratellini piccoli. Eppure il problema traspare, in quanto si è fatto di tutto per abbassare la percentuale, assestandola secondo i metri della Lega, attorno al 30%. La discriminazione in terra sarda sembra latitare, nonostante alcune punte che restano a fare da sentinella, come il caso di qualche genitore che si è lamentato del nuovissimo materiale scolastico che qualche bambina cinese sfoggiava in classe, materiale che, apparentemente, qualche bambina sarda non può più permettersi. Il genitore in questione non ha che trovare il colpevole dell’aumento del materiale didattico. Gli studenti e gli insegnanti ne hanno parlato molto questi ultimi anni, e il colpevole di cognome non fa né Wang né Chen.

1 Commento a “Accoglienti come i sardi”

  1. Gristolu Thibaudeau scrive:

    articolo molto interessante e ricco di dati informativi, grazie

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