Università e oppressione in Sardegna e Palestina
16 Marzo 2017Andria Pili
La quinta edizione cagliaritana dell’Israeli Apartheid Week si è tenuta in un periodo significativo, tra la visita in Sardegna dell’ambasciatore sionista e i decreti penali contro 17 studenti rei di aver contestato la collaborazione dell’Università di Cagliari con Saras e Forze Armate, durante un evento della Marina Militare entro la Cittadella Universitaria. Due fatti mostranti la sudditanza della nostra isola verso interessi altrui, con un importante ruolo giocato dall’ateneo. Le associazioni patrocinanti l’IAW lo sanno bene, essendo attive nella lotta studentesca contro l’accordo tra UniCa e il Technion, l’istituto tecnologico sionista avente un ruolo centrale nell’oppressione dei palestinesi. Il convegno d’apertura, il 27 febbraio scorso, sul diritto allo studio e la libertà accademica in Palestina, con la partecipazione di Angelo Stefanini – docente all’Università di Bologna – e Charlotte Kates – avvocatessa canadese, coordinatrice internazionale di Samidoun, rete di solidarietà in favore dei prigionieri politici palestinesi – è stata l’occasione per riflettere ulteriormente sulle ragioni del boicottaggio accademico contro Israele.
Stefanini ha sottolineato queste, definendo l’accademia sionista come parte del militarismo israeliano, attiva nello sviluppo di ogni infrastruttura oppressiva, non solo tecnologica: segregazione degli arabi, supporto ai militari impegnati nel conflitto (consentendo la continuazione degli studi) e all’occupazione coloniale (ad esempio, esistono studentati universitari sionisti edificati in territorio palestinese e l’Università di Ariel si trova in una colonia cisgiordana). Inoltre, il sistema universitario sionista è stato responsabile della distruzione di parecchi documenti attestanti la presenza araba nelle terre ora etnicamente ripulite, contribuendo così al genocidio culturale. Il diritto allo studio dei palestinesi, la cui discriminazione in ambito educativo è stata rilevata dall’Human Rights Watch, è continuamente calpestato. Per descrivere l’attacco sistematico portato avanti contro l’istruzione degli arabi, dal 1948 ad oggi, si è coniata l’espressione scolasticide. Le modalità d’attuazione vanno dalla chiusura di istituti di ogni grado (come il caso dell’Università di Birzeit dal 1978 al 1982) alle frequenti incursioni militari negli stessi luoghi di studio.
Charlotte Kates è intervenuta con una relazione dettagliata sulla repressione degli studenti arabi, rapportata al colonialismo d’insediamento. Il contesto in cui avviene tale persecuzione è l’arbitrio delle autorità militari, i cui ordini vessano quotidianamente l’intera società araba dei Territori Occupati: i prigionieri sono rappresentativi di ogni fascia d’età e affiliazione ideologica. Gli studenti, in particolare, sono attaccati per colpire la capacità palestinese di riprodursi, stroncando la creazione di una nuova classe dirigente cosciente, politicamente matura. Kates, infatti, ha affermato che i campus universitari sono sedi di una vivace partecipazione politica attiva e democratica, espressa specialmente durante le elezioni delle rappresentanze studentesche; uno Stato genocida e segregazionista non può tollerare che i palestinesi possano sviluppare un movimento di emancipazione. Perciò sono state oltre un centinaio, nell’ultimo anno, le incursioni militari entro questi luoghi. Tra gli atti compiuti dall’IDF ci sono: il saccheggio di beni e materiali in uso nei dipartimenti; l’uso di lacrimogeni e proiettili rivestiti di gomma contro studenti e lavoratori; la distruzione della serra di un istituto universitario agrario. Al fine di criminalizzare tutta l’area politica palestinese, gli studenti vengono perseguiti in quanto appartenenti a organizzazioni considerate ostili (partiti e sindacati) o presenti a eventi considerati affini a queste. Ciò avviene spesso senza alcuna accusa formale, tramite l’utilizzo della detenzione amministrativa (sino a 6 mesi di reclusione rinnovabili infinitamente) su ordine del comando militare della Cisgiordania; la modalità di applicazione è estranea a uno Stato di diritto, essendo abituale, collettiva e decennale anziché emergenziale, individuale e limitata nel tempo. Ciò rivela la fallacia della tesi che vuole Israele come unica democrazia del Medio Oriente. Il carcere – strumento indispensabile per fiaccare la resistenza araba, analogamente a tutti i contesti coloniali – ostacola la vita della comunità accademica, interrompendo la formazione intellettuale e bloccando le carriere.
Dialogando con il pubblico, i due relatori hanno posto l’accento sui rapporti economici e militari tra Italia-UE-Israele-NATO evidenziando come l’importanza sionista nel settore della sicurezza e degli armamenti abbia avuto un peso nel determinare la continua impunità dei governi criminali di Tel Aviv, i quali hanno reso la Palestina un laboratorio di sperimentazione per numerose armi da immettere sul mercato. La Sardegna subisce questi legami, specie come terra ospitante l’aviazione sionista nel suo addestramento preliminare agli attacchi contro la Striscia di Gaza. La venuta a Cagliari, lo scorso 23 febbraio, dei diplomatici israeliani – per incontrare la rettrice Maria del Zompo e i massimi esponenti della Regione – ha confermato la complicità della nostra terra nell’oppressione palestinese per mezzo della sua oligarchia politica e accademica.
Gli ambasciatori Rafael Erdreich e Ofer Sachs hanno detto chiaramente di essere giunti nell’isola per creare altre vie di collaborazione, in ogni campo, tra le università sioniste e quella di Cagliari oltre che per costruire legami economici più proficui tra Israele e Italia. Del resto, la recente nomina di Sachs – ex capo dell’istituto sionista per l’export – è inquadrabile nella volontà di rendere più stretti tali vincoli. Gli ambiti ritenuti più interessanti in questo senso sono noti: cyber security, droni, telecomunicazioni. Settori attivi nell’oppressione dei palestinesi. Non si capisce perché il rapporto con Israele sia necessario al fine di creare nell’isola un cluster dell’ICT, come affermato dal presidente Pigliaru; ciò è vero solo se si vuole guardare al lato militare delle nuove tecnologie. Non a caso, Raffaele Paci, in occasione di questo incontro, si è esplicitamente riferito al Distretto AeroSpaziale Sardo, ben noto per la presenza di numerose aziende di armamenti attive nel Poligono di Quirra.
È chiaro che, come denunciato dagli Studenti contro il Technion, l’accordo siglato nel 2011 tra UniCa e l’istituto di Haifa è solo la testa di ponte per una relazione più stretta incentrata sui comuni interessi militaristi, colonialisti e imperialisti di Italia, NATO e Israele contro l’autodeterminazione sarda e palestinese. A questi è necessario che gli studenti sardi contrappongano le proprie ragioni in favore di una formazione e una ricerca libere dalla compromissione con imperialismo e militarismo, attraverso il boicottaggio di Israele e la lotta contro l’occupazione militare.