Viva la Rai
1 Luglio 2011Francesco Mattana
La faccenda è seria. Intendiamoci, non è che ne vada il destino di una nazione, come qualche fissato vorrebbe farci credere, però ci sono senz’altro dei seri motivi di preoccupazione. Parliamo della Rai. Che magari ‘no, non è la BBC’, come intonava un simpatico jingle di Boncompagni, però è pur sempre un’azienda pubblica con alle spalle quasi novant’anni di storia. E allora varrà sì o no la pena di riflettere sui destini di questa azienda, che nonostante tutto tiene botta (e statene certi, terrà botta anche per i prossimi novant’anni)?
Ora, il problema non è tenersi a galla. A galleggiare bene o male siamo bravi tutti, figuriamoci la Rai che nei decenni passati ha solcato i mari aperti, con delle falcate da far invidia a Novella Calligaris. E’ appunto questo che noi, utenti che amiamo il servizio pubblico, chiediamo: riprenda a nutrire le ambizioni qualitative, cara Rai TV. Riprenda la ricerca della qualità nei programmi. E siccome non ci piace fare i laudatori tempori acti, non dimentichiamo affatto che quella tv era anche eccessivamente democristiana, e certo bigottismo ci scocciava allora ma ci scoccia pure adesso.
Insomma, la Rai vive, e non può che vivere, seguendo il destino dell’ Angelus novus di Klee: in bilico fra un passato di cui cerca di ricomporre le macerie, e un futuro sotto forma di corrente irresistibile, fortissima, a cui le sue ali si piegano. Nessuno può resistere al progresso, questo è ciò che spiega il quadro di Klee. E nemmeno la Rai può resistere al progresso.
Come disegnarlo dunque questo progresso? Negli ultimi vent’anni, è prevalsa l’idea che il progresso significasse inseguire la grammatica comunicativa delle reti berlusconiane. Ecco quindi che il peggio delle tv commerciali si è allegramente fatto strada anche nel servizio pubblico. In taluni casi, si sa, addirittura peggiorando il modello originale (e ce ne voleva). Invece, il progresso va studiato prendendo in considerazione la novità delle reti satellitari, ma anche il meglio delle tv commerciali. In tanti anni, anche Mediaset ha migliorato la sua qualità, per cui è un concorrente da osservare con rispetto quando fa un buon lavoro.
Ora, veniamo al nocciolo dell’attualità. E’ progresso mettere di continuo i bastoni tra le ruote a Santoro, Fazio, Floris, Dandini, Gabanelli, Annunziata, Celentano? E’ progresso questa immagine da palazzo kafkiano, con manovre segrete fra dirigenti e politici, che si spartiscono la torta stando nell’ombra? Tutto ciò, diciamolo chiaro e tondo, è lontano anni luce dall’idea che noi abbiamo di progresso. Ma non perché a noi interessi il destino privato dei signori e delle signore sopra citati. Oddio, per la verità sono pure personaggi a cui negli anni ci siamo affezionati, quindi ci preoccupiamo anche di quale fine li aspetta. Ma è soprattutto, ovviamente, la qualità dei loro programmi che ci spinge a interessarcene.
Programmi che hanno tutte, davvero tutte le carte in regola per continuare a vivere nel servizio pubblico. Spesso si cita il successo negli ascolti come motivo principale per andare avanti. Ma vogliamo forse ignorare che Anno Zero è un programma di altissima qualità? Che ha il merito, oltrechè di fare un prodotto esteticamente raffinato, di dare voce, attraverso i servizi e gli interventi in studio, all’opinione della gente comune?
E’ vero, il conduttore e la redazione sono dichiaratamente di sinistra, ma da quando in qua dichiarare un’appartenenza ideologica è una colpa? Sono domande a cui il palazzo kafkiano, preso dai suoi affari privati, continua a non voler rispondere. Ora, se qualcuno che capisce poco di tv (e di democrazia) se la prende con Santoro, possiamo anche discuterne per capire le loro ragioni. Ma come fanno costoro a prendersela col salotto ben educato di Fabio Fazio, in cui sfilano ospiti di tutti gli orientamenti, e tutti vengono trattati col consueto garbo dal conduttore? Se la prendono con l’angolo della Littizzetto, ma come non capire che la sua è una maschera rabelaisiana, volutamente provocatrice nei riferimenti esplicitamente scatologici?
Del resto sono gli stessi che continuano ad attaccare il premio nobel Dario Fo (e se sapessero chi è, attaccherebbero pure il Ruzante).E che dire dell’iper garantista Annunziata?Talmente garantista che a volte viene voglia di entrare dentro lo schermo, e gridarle ‘sii più incisiva, non esagerare con la prudenza!’.
Il fatto è che la Annunziata conosce la Rai e quindi sa di camminare su un percorso minato, dove se sbagli un passo è finita, ti rimane solo l’angolo della posta ne La Stampa.
Riguardo alla Dandini, il palazzo kafkiano dovrebbe farsi davvero un esame di coscienza: si sono mai chiesti perché, sul web, programmi che hanno vent’anni di storia come ‘Avanzi’ risultano sempre cliccatissimi?
Questo enorme consenso virtuale (sommato ovviamente al consenso televisivo di Parla con me) è il segno, inequivocabile, che la sua satira fa breccia sugli spettatori di tutti gli schieramenti politici. E Celentano? Celentano è la mina vagante, nessuno può sapere quello che dirà in diretta il Molleggiato. Celentano dunque, a parte le sue qualità artistiche che solo uno scriteriato può boicottare, servirebbe alla Rai per dimostrare a se stessa di avere coraggio. Ecco un ulteriore tassello che non deve mancare nel servizio pubblico: il coraggio. Roberto Zaccaria ne dimostrò, e tanto, quando gli permise di fare due programmi entrati di diritto nella storia del piccolo schermo (erano ‘Francamente me ne infischio’ e ‘125 milioni di cazzate’); Del Noce un giorno sì un giorno no minacciava di dimettersi per protesta contro l’anarchia di Adriano, ma alla faccia sua Rockpolitik fu ugualmente un trionfo di ascolti.
La figura peggiore l’ha fatta Masi, che si è opposto con tutte le forze al ritorno dell’artista milanese in tv, ottenendo come risultato che Celentano ha continuato a parlare attraverso i microfoni di Anno Zero. E quando parla Celentano, il caro Masi doveva saperlo, lo ascolta più di una persona..
Eppur si muove, perfino questa Rai. E si muove non certo per merito dei palazzinari, ma per merito di una società civile che ribolle, come dimostrano i risultati delle amministrative e del referendum. Si muove perché c’è una generazione di ragazzi che si muovono, fanno rete: una rete che prima si forma nel computer; ma poi improvvisamente, come un’onda carsica, questi ragazzi si ‘transustianziano’ nelle piazze: diventano un corpo talmente reale, concreto, palpabile che riescono a modificare gli equilibri della politica (e sia ben chiaro che quando parliamo di ragazzi, non ci riferiamo all’età anagrafica, ma all’età dello spirito).
La Rai, o meglio, l’Angelus Novus Rai, deve lasciarsi trasportare da questa corrente che sprigiona dal futuro. Ci diano retta, i dirigenti di viale Mazzini: se seguirete i nostri consigli, vedrete che la Rai continuerà a dare tre piste agli avversari. Non solo a Mediaset, che al momento sembra in caduta libera, ma pure alle tanto temute reti satellitari e a La7. E non condividiamo il ragionamento un po’ cinico di Mentana, che alla domanda su cosa ne pensasse di questa fuga di cervelli, ha risposto ‘che male c’è, sono professionisti che vanno a lavorare per un altro editore, tutto qui’.
Probabilmente Mentana è un uomo che non crede più nel servizio pubblico. Noi, invece, ci crediamo ancora. Viva la Rai.
12 Novembre 2011 alle 10:23
Ho letto questo saggio incuriosito dal titolo. E dopo una prima volta l’ho riletto una seconda. E una terza.
Sorvolando sul linguaggio inappropriato (troppo colloquiale, specie nei primi due periodi) ne ho ricavato l’impressione di un componimento senza capo né coda.
Il buon saggista (in questo caso parlerei di apprendista saggista …) dovrebbe possedere primariamente il dono delle idee chiare. Sapere cosa scrivere e capire come scriverle. Appunto, dovrebbe …
Quale era l’obiettivo dell’autore? Criticare il declino della tv pubblica e fornire delle possibili soluzioni? In questo caso è pacifico affermare che il target non sia stato raggiunto. Le ambizioni dell’autore sono state frustrate da un eloquio confuso in cui linearità di pensiero e trasparente esposizione dei contenuti non hanno ottenuto asilo politico. Troppe citazioni fuori luogo e a sproposito.
Divagazioni inutili che appesantiscono il discorso (che c’entrano le falcate della Calligaris con il mare aperto? Non sa che nuotava in piscina?)…
La Rai che insegue Mediaset? Banale. Perché non provare a spiegare i motivi che hanno spinto l’azienda pubblica verso il declino? Capitolo Annunziata : definirla come una giornalista poco coraggiosa è assolutamente non conforme a verità. Come dimenticare l’intervista al presidente del Consiglio poi sfociata nell’abbandono di quest’ultimo a metà puntata causa dissapori con la Lucia? Do you remember? Capitolo “palazzo kafkiano” : un’espressione che viene riproposta così di frequente non crea un fastidioso effetto ridondante? (domanda o affermazione. Scegliete voi). Capitolo “palazzinari” : espressione utilizzata (credo) per definire politici e dirigenti dell’azienda che intasano spesso abusivamente le stanze dei bottoni del servizio pubblico. Peccato però che secondo nostra madre lingua italiana questa espressione abbia altro significato … : impresario edile arricchitosi rapidamente con spregiudicate operazioni di speculazione edilizia. In senso estensivo un imprenditore senza scrupoli e senza professionalità. Non consultare il dizionario nuoce gravemente alla salute dello scrittore. Peggio delle sigarette. Capitolo Masi e Del Noce : come si possono spendere parole di censura per questi due signori che fanno il loro dovere (quello di assassinare il servizio pubblico) e tacere le responsabilità del mandante di questo omicidio? Non è questo (vero) indice di mancanza di coraggio?
12 Novembre 2011 alle 10:40
Il sig. Ximenes è severo col nostro compagno Francesco Mattana. Lo definisce un apprendista saggista che usa un linguaggio inappropriato e scrive componimenti senza capo né coda. E poi non ha neppure le idee chiare!
Il commento supera la dimensione prevista per la pubblicazione dalle nostre norme editoriali, ben accessibili nella ‘testata’: quasi il doppio delle 1500 battute, spazi compresi. Ma stavolta lo pubblichiamo per informare i nostri lettori che riceviamo spesso interventi di questa natura. Naturalmente li cestiniamo perché la saccenteria e l’aggressività che li caratterizzano è prevalente su tutto il resto; con queste premesse la possibilità di un confronto anche critico diventa difficile. Talvolta gli stessi commentatori replicano ritenendosi vittime della nostra censura e ci informano/minacciano di rendere pubblico il nostro comportamento.
Ciò non ci preoccupa, ci interessa piuttosto allargare le relazioni con i nostri lettori che invitiamo ad intervenire sui diversi temi che affrontiamo