Votiamo e facciamo votare “sì” al referendum del 17 aprile

16 Marzo 2016
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[Red]

Il 17 aprile 2016 siamo chiamati alle urne per un referendum contro la durata indefinita delle trivellazioni per combustibili fossili (gas naturale e petrolio) a mare.

Il Governo Renzi, è bene premetterlo, con una furbata degna di miglior causa, ha fissato la data della consultazione per il 17 aprile 2016, evitando l’accorpamento con le elezioni amministrative della prossima primavera: l’intento nemmeno nascosto è quello di far fallire il referendum per mancato raggiungimento del quorum.  In ogni caso, si spenderanno colpevolmente centinaia di milioni di euro in più per l’organizzazione della consultazione.

Il referendum è una consultazione per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana. L’esito sarà valido solo se andranno a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto.

Attualmente la maggior parte delle 66 concessioni estrattive marine che ci sono in Italia si trovano oltre le 12 miglia marine dalla costa, non coinvolte dal referendum. Il referendum riguarda soltanto 21 concessioni che invece si trovano entro questo limite.

Le prime concessioni che scadranno sono quelle degli impianti più vecchi, realizzati negli anni ’70 del secolo scorso. Il quadro normativo prevede che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent’anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque: al termine della concessione, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento. Se al referendum dovessero vincere i “sì”, gli impianti delle 21 concessioni di cui si parla dovranno chiudere tra 5-10 anni. Gli ultimi impianti, cioè quelli che hanno ottenuto le concessioni più recenti, dovrebbero chiudere tra circa vent’anni.

In Italia ci sono circa 130 piattaforme offshore utilizzate in processi di estrazione o produzione di gas e petrolio. L’80% di tutto il gas naturale che viene prodotto in Italia (e che soddisfa circa il 10 per cento del fabbisogno nazionale) viene estratto dal mare, così come circa il 25% di tutto il petrolio estratto in Italia. Nessuno al momento ha calcolato quale percentuale di gas e petrolio viene prodotta entro le 12 miglia marine, né quanto sono abbondanti le riserve che si trovano in quest’area.

Che cosa accade in caso di vittoria del “sì” al referendum.

Una vittoria referendaria del “sì” non modificherebbe la possibilità di compiere nuove trivellazioni oltre le 12 miglia marine (come quelle in progetto nei mari sardi, per esempio) e nemmeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terraferma. Le nuove trivellazioni entro le 12 miglia marine sono già vietate dalla legge (art. 6, comma 17°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.).  Una vittoria dei “sì” al referendum impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti una volta scadute le concessioni.

Le motivazioni dei Consigli regionali promotori, dei Comitati “No Triv” e di buona parte delle associazioni ambientaliste riuniti nel Comitato nazionale “No Triv”, sono sostanzialmente politiche: dare al Governo un segnale contrario all’ulteriore sfruttamento dei combustibili fossili e a favore di un maggior utilizzo di fonti energetiche alternative.

Sappiamo bene che una vittoria referendaria dei “sì” avrebbe effetti pratici limitati, tuttavia riteniamo assurdo prevedere concessioni estrattive di combustibili fossili (gas naturale, petrolio) senza limiti temporali, lasciati alla mercè delle aziende energetiche entro la zona di mare di immediata prossimità alla costa (12 miglia marine dal litorale), cioè quella più delicata.

Sarebbe certamente anche un forte segnale politico al Governo Renzi: non si può agire senza controlli nel campo della politica energetica e ambientale con la scusa dell’interesse strategico nazionale, così come prevede il c.d. decreto Sblocca Italia e come sta di fatto accadendo per esempio per i nuovi inceneritori imposti in varie regioni.

Votiamo e facciamo votare “sì” al referendum contro la durata illimitata della concessioni di estrazione petrolifera e di gas a mare: otterremo così un vantaggio forse modesto per l’ambiente, ma grande per la democrazia.

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