Zedda vince col PD proteso verso il Partito della Nazione

9 Giugno 2016
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Andrea Pubusa

Massimo ha stravinto. In realtà, non aveva concorrenti ed è bene che ci sia stato risparmiato il secondo turno. Massidda non ha mai insidiato il sindaco uscente perché Zedda ha avuto l’abilità di coprirgli lo spazio. La politica dei giardinetti, il silenzio sulle questioni sociali e sui temi della partecipazione, che sono il tratto distintivo della sinistra, ha tolto all’esponente del centro destra una forza di penetrazione neglki strati moderati dell’elettorato cittadino. La sindacatura di Zedda si è caratterizzata per un’azione asettica di opere pubbliche, alla Delogu per capirci, e su quello ha impostato anche la campagna elettorale, fatta di cartelli inneggianti ai lavori pubblici realizzati e da completare, senza alcun messaggio politico. Zedda ha così perso un po’ di voti a sinistra, buttando anche nell’astensione una parte del suo elettorato di cinque anni fa, ma – furbescamente – ha compensato a destra, come andiamo dicendo da mesi. Certo, c’erano i pentastellati, ma questi tirano quando hanno candidati capaci di rivoltare il tavolo e d’imporre i propri temi. La Martinez non ha questa attitudine. E’ una buona candidata  e basta. Troppo poco per un exploit. Enrico Lobina, dal canto suo, ha dignitosamente rifiutato di genuflettersi al PD e ha tentato un’impresa rischiosa. Non ce l’ha fatta, ma – al più – avrebbe potuto portare in consiglio una pattuglia di oppositori battaglieri e propositivi, che sicuramente mancherà nell’assemblea comunale e nella città. In danno di Lobina hanno poi giocato le equivoche presenze di schegge della sinistra nella costellazione del PD in funzione di traghettamento al centro di un elettorato progressista. In ogni caso non era un’insidia per Massimo. Dunque più che aver sbaragliato gli avversari Max non li ha visti per la semplice ragione che non c’erano. Tuttavia gli va riconosciuta la capacità di coprire l’area di centro con la sua politica moderata e l’area della sinistra con la sua faccia e la sigla di SEL, ormai confluita a livello nazionale nella Sinistra italiana. Zedda, a ben vedere, ha inverato a Cagliari l’idea di Renzi sul Partito della Nazione, ossia prendere dal serbatoio della destra e da quello di sinistra unendoli in una politica moderata.  Da questo punto di vista la vittoria di domenica proietta Massimo sullo scenario nazionale.
Per la città si apre ora un quinquennio di calma piatta, senza alcun volo e nessun acuto. D’altra parte la fu sinistra cagliaritana, al pari di quella sarda, ha rinunciato al suo ruolo, alleandosi col proprio becchino. il PD di Renzi, proteso a negare le articolazioni a sinistra per allearsi organicamente con la destra. Era già successo alle elezioni per il Consiglio regionale: in cambio di un’allenza subalterna i simasugli della sinistra sarda hanno puntato a raccattare qualche seggio per tirare a campare, prima della sepoltura, fisiologicamente seguente alla morte o meglio al suicidio, ormai già consumato.
Adesso anche i più testardi dovrebbero ammetterlo: l’alternativa al PD e alle destre è rimasto il solo M5S, che, con l’Italicum, è l’unica forza, capace di contendere il governo nazionale a Renzi. E a quel punto, quanti a sinistra non sentono, non vedono, non parlano e stanno genuflessi di fronte al PD dovranno prendere atto che le forze moderate con Renzi in testa e con al seguito i resti delle truppe berlusconiane faranno muro insieme contro l’alternativa pentastellata. Il Partito della Nazione, a cui si sono già iscritti Alfano e Verdini, è questo: un blocco di centro-destra in chiave di argine contro l’alternativa rappresentata dal M5S, al grido di “mamma, li turchi!”.
Il passaggio elettorale di domenica ha delineato meglio questa dinamica e questo scenario, ma ancor di più esso risulterà chiaro nei ballottaggi e nello scontro referendario di ottobre dove Berlusconi (che già aveva concordato al Nazareno Italicum e revisione), smarcandosi, cerca di sminuire il peso di Renzi nell’accordo che immediatamente dopo seguirà in chiave antiGrillo. Una partita di misurazione delle forze in prevalenza protese verso il futuro Partito della Nazione. Chi a sinistra vuol vedere, sentire e parlare, deve farlo adesso. Domani sarà troppo tardi.

Da Democrazia Oggi

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